"Nuova DC"? Sembra la vecchia!











Le colpe dei padri non ricadano sui figli.

Ma anche:

La mela non cade lontano dall'albero.

Dimmi di cu si ffigghiu e ti dicu cu si'.

Non è forse vero che quando vogliamo farci un'idea di uno sconosciuto interlocutore (gli) chiediamo 

"A ccu apparteni?"

La saggezza è multiforme. Si adatta mirabilmente alla complessa realtà. Ci sono massime e proverbi per ogni circostanza e per il suo contrario.

«'Un canciari la strata vecchia pi la nova ...!» 

ma anche  «Chi non risica non rosica!» 

È giusto che un individuo non sia condannato per le colpe del padre. Niente è immutabile, niente è già deciso.

Una società giusta, empatica incoraggia il riscatto.

Ma il riscatto viene dalla presa di distanza, dal disconoscimento, non del padre ma, delle "colpe" del padre.

Quindi è giusto che non si rinneghi il padre, nel senso personale e affettivo del rapporto, ma è necessario, doveroso rinnegare le azioni deprecabili o criminali del padre.

È necessario, imprescindibile che il figlio di un mafioso rinneghi la "mafiosità" del padre se rivendica l'accettazione sociale o, a maggior ragione, se ricopre incarichi presso lo Stato che il padre ha criminalmente sfidato. 

Succede raramente, diciamoci la verità. 

Di solito, come dicono gli americani, "The apple does not fall far from the tree". Non conosciamo molti Peppino Impastato, onore alla sua memoria; un esemplare caso di riscatto totale.

Di qui il perentorio detto calabrese "Diciame a chine si figliu, e ti dicu chine si".





L'assessore Albano, di Borgetto (Per cucuccio!), figlia di un mafioso coinvolto con la vicenda di Salvatore Giuliano, dopo aver detto che "non rinnegava la storia suo padre" si è corretta affermando "volevo dire che non rinnego mio padre, ma la mia scelta di vita ha sempre preso le distanze dal fenomeno della mafia." 


Encomiabile se si trattasse di un qualunque cittadino che non ha funzioni pubbliche e non deve rendere conto a nessuno di come gestisce la sua vita affettiva, relazionale e valoriale.

Ma un servitore dello Stato nell'Ente regionale della Sicilia, il cui "problema" sembra essere stato da sempre l'infiltrazione mafiosa nei gangli del potere, non può cavarsela così a buon mercato. L'asta dell'onorabilità per gli "onorevoli" deputati regionali deve essere posta più in alto che per un qualsiasi figlio di mafioso.



Ora, una chance di riscatto non si nega neanche a un condannato per mafia, come «l'onorevole» Cuffaro.





Ma perché nella vita pubblica? Perché nello stesso luogo del delitto? 

Una banca assumerebbe mai il ladro che l'ha rapinata, una volta scontata la pena? 




Va a finire che, a furia di dare chance di riscatto a questo e a quello, ricostruiscono davvero la vecchia DC siciliana nella "Nuova"!



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