Murale sul muro della scuola media Don Antonio Spalatro di Vieste realizzato dal Laboratorio di Urban Art 167/B STREET di Lecce |
L'educazione alla legalità non coincide con l'emancipazione dalla mentalità mafiosa, non è la stessa cosa di una educazione all'anti-mafia, non c'entra niente con la costruzione di una consapevolezza anti-mafia.
Noi siciliani siamo rispettosi, più o meno come gli altri popoli, delle regole, mediamente rispettosi dell'ambiente, e sappiamo rispettare le leggi. L'educazione alla legalità va benissimo nel piano educativo di ogni scuola ma non può essere contrabbandata come educazione all'antimafia, che, invece, è quella di cui si ha bisogno a Castelvetrano.
Invece, il mondo dell'istruzione locale sembra aver ancora paura a pronunciare anche solo la parola mafia. E nemmeno antimafia apprezzano perché contiene "mafia".
È, palesemente, un comprensibile e tipico meccanismo di difesa che opera con la rimozione del problema. Ignorandolo, negandolo, minimizzandolo facciamo finta che non esista. Ma solo prendendo coscienza di un problema si può affrontarlo e risolverlo. È questa coscienza che si deve creare a scuola, la consapevolezza che il nostro problema è la mafia. Non il furto di galline o il mancato pagamento del bollo o la mancata differenziazione dei rifiuti. E nonostante i mafiosi siano evasori per loro natura, neanche l'evasione fiscale è mafia e sebbene i mafiosi siano assassini, non tutti gli assassini sono mafiosi.
Tutte illegalità! Ma volete mettere come sia più inclusiva, più mite, certo, della parola mafia? "La mafia è una montagna di merda". Ma non sentite anche voi come suona sgradevole, maleodorante, aspra come espressione?
Invece, quant'è più gradevole e meno aggressivo "Noi siamo per la legalità" (non contro l'illegalità, perché noi siamo positivi); con tutte quelle laterali alveolari sonore e gutturali ci ricorda la parola elegante. Anche l'orecchio vuole la sua parte.
"Illegalità" ha il vantaggio di significare tutto e niente nello stesso tempo. Un corteo contro l'illegalità! Sarà una manifestazione di persone che odiano quelli che non hanno ancora imparato a raccogliere la cacca dei loro animali?
O di negozianti stanchi di essere taglieggiati col pizzo? Tutto e, anche, niente.
"Mafia" vs "Illegalità"!!
Le parole più usate e abusate nella città della mafia sono legalità e illegalità.
Hanno diversi vantaggi.
Vengono usate come "copertura".
In un paese come il nostro la parola mafia suscita reazioni "calde", uguali e contrarie e, nel mezzo, il grigio connivente e convivente dalle mille sfumature.
C'è chi si farebbe «30 anni di galera pi Matte'» e chi dice che è un'invenzione dei giornali.
Quelli che "Sì, non si può negare che anche da noi ci sia la criminalità, però come c'è dappertutto."
E quelli che (cit. testuale) "Per come la intendo io, la mafia è che uno si prende un territorio e... lo protegge!".
E quelli, molti anch'essi, che sanno che la mafia è un cancro della nostra società, ma usano la parola mafia, non "illegalità"! Pane pane, vino vino.
Tutti gli altri non riescono a nascondere la loro predilezione per "illegalità".
Mi ricordo un collegio di docenti (non di pecorai) e un preside che si rifiutarono di partecipare a un corteo anti-mafia, mentre, invece, avrebbero volentieri aderito a un corteo "per la legalità"! Insomma, "anti-mafia" gli faceva allergia. A volte racconto barzellette, ma questo è accaduto veramente nel 2014, protagonista il Ferrigno di Cvetrano.
Un'altra preside, non appena nominata, si premurò di "smantellare" accuratamente, in modo che non rimanessero tracce, tutto un percorso educativo e formativo anti-mafia portato avanti per anni, coraggiosamente e lodevolmente, dal preside precedente. Questa fu la sua priorità. Sono tuttora convinto che ognuno abbia il diritto di fare il preside a modo suo, senza doversi piegare a percorrere strade tracciate da altri, ci mancherebbe. Ma penso che la fretta di dimenticare e archiviare il proprio predecessore e la priorità attribuita all'operazione siano sospette.
E sospetta fu la caparbietà di non volere l'intestazione a Peppino Impastato dell'aula magna, già deliberata dal collegio dei docenti prima che lei subentrasse. Troppa, esagerata, troppo declamata voglia di non farsi definire dall'ingombrante e pericoloso precedente di quel coraggioso preside anti-mafia. Queste le sue parole che sembrano cadere a fagiolo nel discorso che sto facendo:
"Io non sono un Fiordaliso bis! ...lavoro in maniera diversa. Innanzitutto, non amo i riflettori, non faccio ”antimafia” ma lezioni di legalità, che è ben diverso. Sicuramente – continua – l’antimafia, può rientrare nelle lezioni di legalità, ma preferisco fare decidere anche agli studenti, assieme a tutti noi, docenti e personale Ata, su questioni di questo genere e per tante altre cose."
Se poi anche questa vaga educazione alla legalità, questo impegno della scuola si riducono a dei disegnini dei bambini o a una gita a Cinisi a vedere la casa di Peppino Impastato, se scade in un insegnamento di maniera, in un vuoto e meccanico rituale (Oggi compitino sulla legalità!) allora abbiamo un problema.
E se le punte di diamante della nostra cultura cittadina, presidi e insegnanti si rifiutano di capirlo, allora ne abbiamo due di problemi.
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