I cambiamenti sociali camminano sulle zampe di bradipi

 


Alcuni, a Castelvetrano, considerano l'intitolazione della scuola di via Ruggero Settimo al piccolo Di Matteo una brutta forzatura perché «la scuola è di tutti i bambini non solo di un bambino che in età adulta si è dato alla delinquenza. Avere intitolato la villa Margherita a Falcone e Borsellino non ha impedito di lasciarla nell'incuria e non ha ostacolato la delinquenza. Dovremmo impegnarci di più sui fatti concreti che sui simboli.»

Gli uomini, da quando respirano, si sono sempre battuti e continuano ad ammazzarsi per i "simboli". Non c'è niente di più concreto e quasi tangibile dei simboli, che rappresentano le cose in cui crediamo, narrano la nostra fede politica o religiosa o sociale o professionale. Se un simbolo crea tutte queste resistenze quanta ostilità riceveranno i "fatti concreti"? Quali sarebbero poi questi atti concreti? Che discorso sarebbe che "la scuola non è di un solo bambino diventato poi delinquente"? Non riesco a capire cosa significhi. La scuola viene intitolata a un altro bambino vittima del primo, non a MMD. In che modo la scuola intitolata a Giuseppe Di Matteo fa sì che appartenga solo a "un bambino diventato poi delinquente"? Mi sfugge la logica. E che c'entra l'intitolazione a Falcone e Borsellino con l'incuria in cui viene tenuta la villa? Avremmo dovuto intitolarla a chi perché non fosse abbandonata nell'incuria. Io capisco che si dica che non è molto, soprattutto se non seguono i fatti virtuosi della collettività, ma è già qualcosa. Non sarà lo scetticismo a salvarci. Sì, è vero, quest'operazione sa di tardiva resipiscenza. Si sarebbe potuta fare prima. Come si sarebbe potuto prendere MMD prima!

Lo Stato non può pretendere che i cittadini collaborino fattivamente se esso non fa efficacemente il suo lavoro. Un cittadino volentieri aiuterebbe uno stato forte che ha il controllo del territorio. Ma da noi lo stato è la mafia e, allora, anche questi gesti simbolici e alti, hanno il sapore amaro che lascia sempre in bocca la giustizia tardiva e si scontrano con una realtà che è fatta di paura. Perché per noi che viviamo qui la mafia non è "un'organizzazione criminale", non è un concetto, non un quadro astratto; ha il volto di persone da noi ben conosciute, l'aspetto del vicino di casa, il volto di persone ricche e potenti, i metodi minacciosi e violenti di gente che non perdona e che ammazza se ostacolata. Non ci si può quindi meravigliare che a festeggiare questa vittoria "simbolica" mancassero tutti i genitori.


Il Vescovo Giurdanella ha giustamente avvertito che non si carichino solo gli insegnanti e la scuola di questa responsabilità di lotta alla mafia, ma che tutti gli ambiti sociali e tutte le istituzioni sinergicamente e collettivamente si adoperino al meglio delle possibilità. Alcuni si svegliano solo ora? L'importante è che si siano svegliati. Non è mai troppo tardi per acquisire una consapevolezza antimafia. Finora hanno dormito? Anche lo stato ha dormito.
Le battaglie di cambiamento dei costumi, della mentalità richiedono pazienza e tempo, molto tempo, mi accorgo io alla mia età.

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