C'è dell'esagerazione "straniera".





C'è dell'esagerazione "straniera". 


Dopo secoli di malgoverno, dopo che per più di un secolo la Sicilia è stata abbandonata a se stessa e alla mafia, dopo anni di latitanza dello stato, dopo anni di trattative di parti dello Stato con la criminalità organizzata, dopo anni di infiltrazione mafiosa dei consigli locali, dei parlamenti italiani, delle burocrazie statali, nei consigli di amministrazione di ditte e imprese da Pachino a Milano; in uno stato dove Berlusconi, pluri primo ministro, in predicato per la Presidenza della Repubblica nonostante la sua condanna per frode, ha avuto rapporti con la mafia per decenni, e l'ha pagata attraverso il suo braccio destro Dell'utri, è tuttora riverito, venerato e al governo; alla fine, eccolo che arriva Telese a spiegarci la mafia. Per lui mafia o covid uguali sono. Per parlarne non serve conoscerli.  Anche la Amurri, che sembra più preparata, induce quella sensazione che si prova ascoltando qualcuno che parla siciliano con spiccato accento del nord e non mi riferisco alla parlata ma alle conoscenze; lei parla di mafia con cognizione ma sembra che non afferri l'essenza del substrato mafioso, il terreno su cui cresce, noi cioè. Ed eccoli munirsi di bacchetta e colpire il dorso della mano dei siciliani, eccoli, insieme con indecorosi esponenti del governo italiano e siciliano, impazienti di mostrare il loro zelo e la voglia di mettere il cappello su ogni cosa, eccoli chiedere punizioni esemplari per l'insegnante e adesso anche per la preside, abbondiamo.

 "Come fate a sopportare che nelle vostre scuole ci siano persone così" - sembrano dire. Mettono nello stesso fascio ingeneroso mafia e persone per bene senza nemmeno accorgersene, senza battere ciglio. Analisi sommarie e giudizi sommari. Siamo tutti complici. Avrebbero torto marcio anche se avessero ragione. Non è con punizioni esemplari, che sono tutto il contrario della giustizia, non è con processi improvvisati che si risolve il problema sociale e culturale della mafia, che, con il cuore in Sicilia, si allunga fino alla testa economica a Milano e Oltre.

In un posto condizionato dalla mafia, presente alla porta accanto o con la faccia del vicino di casa o del tuo capo, a differenza dello stato, da noi di una inconsistenza che si può quasi tagliare, costoro pretendono che in ogni singolo esercizio commerciale, in ogni ditta, impresa, in ogni ufficio scolastico, in ogni comune siciliani ci siano dei novelli Falcone, altri Borsellino o Chinnici e non quelle persone normali come siamo tutti noi che, non solo dobbiamo rammaricarci dell'assenza del minimo che uno stato dovrebbe garantire ai siciliani in termini di occupazione, sanità, retribuzioni, dobbiamo pure guardarci dalle dinamiche di uno stato parallelo molto più efficiente e spietato e rassegnarci alla sopportazione e al silenzio propri di chi potente non è.

Tutti, noi siciliani, sappiamo che l'omertà è una legittima e "benedetta" arma di difesa, un salvavita. Da noi non si può non essere omertosi, chi in una chi in un'altra misura. Ne va del nostro quieto vivere, della nostra vita, cioè. La famiglia, il lavoro, le amicizie, i nostri luoghi.

Io stesso mi sono sempre posto tra i codardi nella mia personale classificazione dei siciliani riguardo al fenomeno mafioso (i negatori, i minimizzatori, gli azzeccagarbugli, i codardi, e gli elogiatori dell'altra Sicilia).


L'omertà è cosa buona e saggia

 

Se ci si vuole dedicare alla lotta alla mafia, si sa, bisogna tenere in conto i pericoli e le conseguenze che comporta per noi e i nostri cari. È certo un peccato che in Sicilia per fare una vita normale e quieta bisogna essere omertosi o essere degli eroi per far prevalere la giustizia e la legalità. Io ho scelto di cercare di fare la mia vita evitando e omertando. È una colpa? Arrestate anche me,

Telese, sai che ti dico? Vieni ad abitarci tu a Castelvetrano e lottala da qui la mafia: mostraci come si fa.

Licenziare una preside, colpevole solo di non essere un'"eroina", vi sembra una cosa sana? Solo perché ha avuto qualche incertezza, qualche esitazione, assolutamente comprensibili, per quanto poco onorevoli, si licenzia una persona che ha dedicato la sua vita al suo lavoro nei limiti delle sue possibilità e del suo personale bagaglio di eroismo e nei limiti, enormi, del mondo dell'istruzione siciliano?

Anche a me ha provocato un certo imbarazzo l'atteggiamento esitante, qualche sua frase infelice in questa faccenda con l'inviato di Giletti. E anch'io ebbi a lamentarmi delle sue dichiarazioni al suo esordio come successore del preside Fiordaliso, alcuni anni fa. 

Ma trovo del tutto sbagliato e ingeneroso questo puntare il dito su una persona solo perché non è una eroina antimafia.  Volete buttare anche il bambino con l'acqua sporca? Da quando la prudenza e la paura sono un reato?

Ma come vi permettete di chiedere cose che ai vostri concittadini presidi in Toscana o in Emilia non chiedereste mai. Il loro tran tran va bene? Mentre ai nostri dirigenti, a Castelvetrano, si chiede di essere poliziotti, procuratori e giudici, dei Beppe Montana, dei Cassarà, dei Ciaccio Montalto.

Non lo siamo, non tutti, ma abbiamo ugualmente diritto alla nostra vita.


L'omertà non è solo silenzio


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