Omertà non è solo "silenzio"



Esistono anche le caratteristiche di popolo, a dispetto dei singoli individui che pensano di non condividerle. Ci sono dei modi tipici che tradiscono la coda di paglia. Sono svariati. Come reagiamo noi Castelvetranesi, mediamente, alle accuse di mafia, che non avrebbero certo bisogno di essere dimostrate? 


1) Neghiamo ("Negatori") ogni evidenza. Oggi i personaggi pubblici, i politici non possono più permettersi di affermare che "la mafia non esiste" come, impunemente e senza tema di smentite, potevano fare fino a 50 anni fa. Sanno che perderebbero ogni credibilità. Prima, invece, fino agli anni 70, lo Stato aveva trascurato di diagnosticare questo cancro. Persino Cardinali milanesi a Palermo, come Ruffini, la minimizzavano e pensavano che fossero più pericolosi per l'Italia il romanzo di Tomasi di Lampedusa “Il gattopardo” e Danilo Dolci, anche lui del Nord Italia, ma “comunista”. 

Oggi invece anche i sindaci collusi con la mafia hanno capito che sono costretti a "parlare" contro la mafia, di giorno, ma di notte correre a rassicurare i propri sodali. 

  

2) minimizziamo ("Minimizzatori")    

“Sono preoccupato per le sorti di una comunità, già pesantemente fiaccata dalle recenti vicende, già piegata dal marchio di una mafia della quale nessuno nega l'esistenza, ma che invero non ha quelle pesanti propaggini che alcuni vorrebbero far apparire.” Parola di componente della Commissione antimafia nel 2017. 

"Io non conosco la mafia, ma ne ho sentito molto parlare. Per me questo e un marchio messo sulla criminalità del nostro territorio, come camorra,come ndrancheta,etc; Io credo se tutti i cittadini avrebbero il lavoro onesto garantito non ci sarebbe stato bisogno di parlarne forse di criminalità"  Parola di un candidato sindaco del 1950? No! Nel 2017 a Castelvetrano.  

3) Azzeccagarbugliamo ("Azzeccagarbugli"):  

"Ma la mafia esiste dappertutto e Castelvetrano non è diversa!" Un laureato.

 "Pensi davvero che Castelvetrano sia la capitale della mafia, i cui abitanti vanno dunque trascinati sulla pietra del vituperio nazionale, a cui chiedere pubbliche, solenni e telematiche attestazioni di fede legalitaria? Nell’era del villaggio globale, non trovi grottesco venire a cercare a Castelvetrano la “cappa” della mafia, quando oggi gli interessi di cosa nostra sono legati ai grandi traffici del riciclaggio, della droga, delle armi, dei clandestini, “affari” che si gestiscono per via elettronica e che hanno probabilmente la loro sede nelle capitali della grande finanza?" Un insegnante di Liceo. 


 4)con codardia ("Codardi"): persone come me che, consapevoli che facendosi gli affari propri campa cent'anni scelgono la quiete di una vita normale che evita di metterli in situazioni imbarazzanti. 

  

5) elenchiamo elogiandole tutte le cose buone di Castelvetrano ("Elogiatori"): Noi non siamo tutti mafiosi e abbiamo una storia di tutto rispetto. Abbiamo G. Gentile, Selinunte, il pane nero ecc. 

E’ la città di Giovanni Gentile e Virgilio Titone, non è la città di qualche latitante  G. Lo Sciuto deputato regionale

  

Le cose, appunto, di cui andiamo orgogliosi: i nostri concittadini che hanno dato lustro culturale, le nostre bellezze, i nostri prodotti. Tutti noi, ognuno singolarmente, beneficiamo di questo orgoglio e ci sentiamo parte e soggetti delle "cose nostre" buone. In quel caso non diciamo "Ogni castelvetranese è storia a sé", vero? Quando i nostri prodotti sono meno "appetibili", come la nostra mafia doc, il nostro marchio di fabbrica, molto più dell'olio e del pane nero, allora prendiamo le distanze. Che c'entro io con quello che ha aggredito la Petyx? Come si permette? #sonocastelvetranesenonsonomafioso!

 


E ci sentiamo assolti e sollevati.  D'altronde l'esistenza a Castelvetrano di 30.000 individui onesti, sì, ognuno risponde per sé, non ha mai impedito che la nostra città sia stata dominio incontrastato della mafia a tutti i livelli. Altro che ognuno risponde per sé. Io, persona per bene, come posso avere la coscienza a posto se non ho mai detto una parola contro la mafia, se non ho mai fatto una sola cosa contro questa piaga morale ed economica che da due secoli affligge la nostra terra?

 



Come posso non sentirmi colpevole se, pur nel mio piccolo e per le mie possibilità, non ho mai fatto niente contro il sopruso, la corruzione. Se di fronte al malaffare "organizzato", che, specie dal secondo dopoguerra, ha governato la Sicilia, mi giro dall'altro lato e mi interessa solo poter dire "io non c'entro", solo perché non ho detto o fatto mai niente di male, solo perché mi occupo nella mia vita esclusivamente del mio insipido "particulare", dimenticando che è proprio non aver detto o fatto niente che mi condanna. 

Può succedere, lo capisco, che si sentano immuni dal germe della mafiosità quelli che non hanno alcun rilievo economico, sì la maggior parte. Quelli che per la mafia non rivestono alcun interesse economico. Alla mafia interessano le persone che gestiscono affari. Commerciante, movimenti di terra, edilizia, pompe di benzina, servizi funebri, spacciatori, politici, eolico, grandi proprietari terrieri, industriali.



Perché la mafia dovrebbe avvicinare un insegnante o un impiegato delle poste o uno spazzino o un elettricista, un infermiere se non in casi particolari? Una maestra di scuole elementari potrebbe arrivare alla fine della sua vita senza essere mai entrata in contatto, consapevolmente, con la mafia. Cosa tende a dire questa maestra? Che per lei non esiste la mafia, perché lei non l'ha mai vista, una maestra sui generis, bisogna dire, se non è neanche capace di vedere ciò che vuole solo essere visto.

Eppure non direbbe mai che Dio non esiste perché non l'ha mai visto.

Questi modi tipici di reagire alle accuse di mafia sono tutti forme diverse di "omertà", che non si identifica col semplice silenzio.


Meno auto-assoluzioni e più partecipazione e consapevolezza. 




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