Gli uomini di cultura castelvetranesi. Che abbiamo fatto di male per meritarceli?

 


L'elzevirista "rococò" colpisce ancora. Per chi avesse la pazienza e le palle per ingoiare un mattone questo è il link.

https://bit.ly/2XzTAPv


La lettera che il nostro elzevirista scrive a Selvaggia Lucarelli nel suo "lento" stile barocco - che fatica, per un uomo di cultura media come me, leggerlo fino alla fine con tutte quelle ricercate citazioni e parole colte e inutili! - mi ricorda un'altra famosa lettera, anch'essa pubblicata sul giornale locale, di un'altra "colonna portante" della cultura castelvetranese, Francesco Saverio Calcara.

 
 

 

La Petyx era venuta a Castelvetrano con la troupe televisiva per provocare, per puncicare i castelvetranesi che incontrava per strada sulla mafia. A scene imbarazzate e imbarazzanti abbiamo assistito in quel servizio mandato in onda da striscia la notizia.
Niente paura. A restituirci l'onore graffiato dall'ironia della giornalista ecco Francesco Saverio Calcara che scrive un'epica e indignata lettera alla Petyx che suonava pressappoco così: "Cara Petyx, invece di andarti a cercare col lumicino quei quattro sprovveduti per strada perché non venivi a intervistare me?” Io sì che, "parlando un passabile italiano, e argomentando fuori dalla vulgata" ti avrei messo in riga.


 

Le avrebbe dimostrato che Castelvetrano non è la capitale della mafia e ci avrebbe evitato queste brutte figure, con il suo italiano passabile. “Venite che vi mostro il salotto buono!”

Se volete leggere l'intero articolo: 

Cara Petyx


Permettetemi un inciso.
Molti siciliani soffrono della sindrome del forno sporco. “No!! Il forno no!!!" I vecchi come me si ricorderanno sicuramente di quella pubblicità in TV con la massaia sconvolta all’idea che l'intervistatore apra il suo forno per controllare che sia pulito.
Il forno nostro è tradizionalmente la mafia, contingentemente l'immondizia. Anche Francesco Saverio Calcara sosteneva in quella lettera che "Essere la patria del grande latitante non significa niente".  Non è il solo a sostenerlo. 

 

Lo afferma il mio barbiere, lo affermano inguaribili ottimisti, incapaci di analisi serie. L'ultima affermazione in questo senso di qualche giorno fa "L'unica cosa che abbiamo in comune con Matteo Messina Denaro è il luogo di nascita e nient'altro!" Ma davvero?  Secondo costoro MMD sarebbe benissimo potuto nascere a Bressanone e il risultato non sarebbe cambiato. E tutti gli arresti di decine di persone un anno sì e uno no che vengono effettuati a Castelvetrano? Derivano dalla esplicita volontà delle forze dell'ordine di macchiare il buon nome della città? Un comune sciolto per mafia e c'è chi ancora dice che l'unica cosa che ci lega a MMD è il luogo. Non la cultura mafiosa! Non il substrato mafioso e l'apparato logistico, professionale e manodoperiale, profondamente radicato nella nostra collettività  di un'organizzazione che controlla qualsiasi attività economica nella città, dai carburanti ai morti! No! MMD è solo nato qui, che colpa abbiamo noi.

 
 

Esistono, è dimostrato, quelli che negheranno di essere malati fino alla morte per malattia, quegli altri che credono che ripetendo "Non è vero! Non è vero!" costringono alla ritirata la realtà. Quelli che, invece, sanno tutto e anche che "bisogna sempre negare, anche di fronte all'evidenza", una strategia che la mafia ha sempre profittevolmente usato. 

Riina: "Io sono un povero contadino, signor giudice!".
 


Poi ci sono quelli che non capiscono una minchia di quello che succede intorno a loro e dicono che "L'unica cosa in comune con MMD è il luogo di nascita" Servirebbero camion di fosforo. No, non servirebbero. Chi, a Castelvetrano, non vede la mafia o è cieco o fa finta di esserlo o non capisce un cazzo.
Sono quelli che non si vergognano del fatto che la loro città sia preda e tana della mafia ma del fatto che lo si dica, che i media se ne occupino. "Chi vriogna! C'avann' a ddiri li cristiani?" Quelli che fanno manifestazioni contro lo Stato, che si permette di dire che Castelvetrano è mafiosa. #siamocastelvetranesinonsiamomafiosi - badate bene NON #siamocastelvetranesisiamocontrolamafia, no, non siamo mafiosi. Magari evasori sì. Corroti sì. Assassini sì. Ma non mafiosi!

 

E ritorno al disprezzo aristocratico che Francesco Saverio Calcara mostrava per i suoi concittadini, la gente normale che Petyx incontrava per strada:
"... mi sono vergognato per il ragazzo che temeva di essere lasciato dalla zita, per quell’altro sprovveduto che faceva il turista per caso, per i due rincoglioniti che miseramente nicchiavano, per i quattro stronzetti di paese che ti seguivano con la macchina, e anche un po’ per te, che, dovendo fare il compitino, hai dedicato a loro quasi tutto il servizio e lasciato gli ultimi 20 secondi ai ragazzi che in piazza hanno accettato di farsi fotografare col famigerato cartello."

 
 

"Ti avrei ricordato che l’antimafia si fa con i comportamenti, con i fatti concreti e non con le goliardate demagogiche e che, in ogni caso, eri nel posto sbagliato." 

Nel posto sbagliato? Con i fatti concreti? Qua ci starebbe come il cacio sui maccheroni un'umile, ma perentoria pernacchia. Non mi viene in mente, per quanti sforzi faccia, nessun atto concreto che lui, nei suoi vent'anni di politica attiva a Castelvetrano, abbia fatto contro la mafia. L'unica benemerenza che gli spetta di diritto è la negazione della mafia, proprio come fece nella lettera in esame.


 

Che vergogna che ho provato io per la vergogna che lui provava a causa dei suoi concittadini. Questo è il "cultore di storia", i leccaculo lo definiscono "storico", uno che, per un paio di ricerche in biblioteca, sulla chiesa dei cappuccini e poco altro, ha tenuto la ribalta della politica castelvetranese per vent'anni sconvolgendo l'odonomastica castelvetranese e null'altro se non processioni di sante e principi.


 

 

L'elzeviro di Bonagiuso mi sembra permeato dello stesso egocentrismo vanaglorioso. Stessa arroganza culturale infondata. Stessa presunzione intellettuale e una prospettiva analitica che non va al di là dello specchio in cui si guardano. 

Che abbiano settanta o cinquant'anni o trenta sono nati vecchi, più tradizionalisti e antichi del mio trisavolo. 

Bonagiuso è lo stesso che vieterebbe i social ai ragazzi. La stessa apertura di una mamma ignorante preoccupata del nuovo che avanza.


«Sarebbe opportuno che il mondo dei social venisse precluso ai ragazzini? La risposta che rischia di essere retrograda è sì!»

Vietare i social ai ragazzini retrogrado? Ma quando mai? 

Vietare è la forma pedagogica più antica e moderna allo stesso tempo. Le più aggiornate ricerche russe ce lo confermano con l'autorevole benedizione di Putin e la saggia fermezza di Xi Jinping.

Ma a chi vietarlo? Ai preadolescenti o agli adolescenti? E i giovani? Ma anche quelli fatti apposta per loro bisogna vietare? Tik Tok, per esempio? Quindi TikTok rimarrà senza i bambini ma con Salvini, che sembra divertirsi così tanto a fare ciò che gli riesce meglio?

Quanti anni di studio gli sono occorsi per maturare tanta saggezza e lungimiranza? I suoi studi pedagogia lo hanno portato alla stessa conclusione di una qualsiasi mamma preoccupata senza nessuna istruzione che vede nella proibizione l'unico modo di difendersi dai pericoli.

"Sei stata sfortunata Selvaggia! Se avessi incontrato me sarebbe stata tutt'un'altra storia."
Quanto narcisismo nelle persone di cultura castelvetranesi.

 


E, a proposito di Talebani, avete notato che non esistono le "donne di cultura" nella nostra città e, se esistono o sono esistite, non hanno mai avuto il privilegio dell'intitolazione anche di una sola aiuola, di una stradina o una strada vera e propria. Mi sono distratto o è vero?


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