Si scrive Léo Ferré ma si legge poesia, musica, teatro, canzone d’autore, rap, anarchico, ribelle con una causa.



“Avec le temps tout s’évanouit. 

E ci si sente traditi per gli anni perduti.” 






Si scrive Léo Ferré ma si legge poesia, musica, teatro, canzone d’autore, rap, anarchico, ribelle con una causa. Insieme con Georges Charles Brassens e Jacques Brel rappresenta il massimo della canzone d’autore di lingua francese.  Il 2016, nel centenario della nascita di questo grande dell’arte di tutti i tempi, dalla Calabria a New york è stato tutto un fiorire di manifestazioni in suo onore. Lo scorso 24 Agosto 2018 avrebbe compiuto 102 anni. Approfitto dell’occasione per proporvi una delle sue canzoni che preferisco e che mi tocca il cuore ogni volta che la sento.
Non sto a tediarvi con notazioni biografiche che, sono sicuro, saprete trovare su internet. È stato un grande e, qualsiasi cosa possano dire i suoi detrattori, troppo scorbutico, troppo paradossale, troppo intellettuale, troppo radicale, noi, per questi stessi motivi, lo ameremo sempre.

Nell’infinito repertorio di Léo Ferré è difficile trovare il bandolo della sua matassa poetica. Troverete QUI le sue dieci canzoni imperdibili, secondo la rivista “Les inrockuptibles”. 
“Avec le temps”, scritta e composta nel 1969 (“L’ho fatta, parole e musica, in due ore”), è stata interpretata da una moltitudine di cantanti, sia in francese che in italiano e in inglese. Lo stesso Ferré l’ha cantata anche in italiano e si può trovare nell’album “La solitudine” del 1972. In italiano, “Col tempo” o, anche, “Col tempo sai”, l’hanno cantata Dalida, Battiato, Gino Paoli, Patty Pravo, Alice. E poi: Céline Dion, Jacques Brel, Bernard Lavilliers, Hiba Tawaji, Dalida, Henri Salvador, Juliette Gréco, Belinda Carlisle, Abbey Lincoln, Mônica Passos, Youn Sun Nah, il duo Brad Mehldau et Anne Sofie von Otter, Johnny Hallyday. 

Subito sotto potete ascoltare la versione di Ferré, mentre, alla fine, quella di Dalida.




Questa canzone, naturalmente, non pretende di  racchiudere in sé il senso della vita, né di svelare la verità sul tempo che cancella tutto. Io, per esempio, trovo discutibile la conclusione che “avec le temps on’aime plus”. È stata scritta in un momento di difficoltà emozionale e ne riflette la particolarità. Tuttavia quel momento è descritto con magistrale arte, usando delle parole, dense di significato, che sembrano danzare su una melodia che ne sostiene lo struggimento d’amore.
Chiunque abbia amato e, dell’amore, abbia provato l’arcobaleno di sentimenti, dall’euforia allo scoramento, dalla serenità alla tempesta, non troverà difficile immedesimarsi nell'aridità e nell'incertezza in cui ci sembra di sprofondare alla fine di un rapporto, qualsiasi rapporto.
Di tutte le versioni che esistono, parecchie pregevoli, quella che, unica, può competere con l’originale di Léo Ferré mi sembra quella della grandissima Dalida, un’artista che “n’écrivait pas de paroles ni composait de musique puisque tout simplement elle était les paroles, elle était la musique; elle les devenait!” Christy
Ve le propongo ambedue. La traduzione sotto il video è mia. Non è facile tradurre un poeta, quindi, siate magnanimi. 

Léo Ferré interpretato da Dalida


Avec le temps…

Col tempo
Avec le temps, va, tout s’en va
Col tempo, sai, tutto se ne va
On oublie le visage et l’on oublie la voix
Si dimentica il viso e si dimentica la voce
Le coeur, quand ça bat plus, c’est pas la peine d’aller
Il cuore quando non batte più, non vale la pena d’andare a
Chercher plus loin, faut laisser faire et c’est très bien
Cercare più lontano, bisogna lasciar perdere ed è meglio così
Avec le temps…
Col tempo
Avec le temps, va, tout s’en va
Col tempo, sai, tutto se ne va
L’autre qu’on adorait, qu’on cherchait sous la pluie
 L’altra che si adorava, che si cercava sotto la pioggia
L’autre qu’on devinait au détour d’un regard
L’altra che s’indovinava al volgere di uno sguardo
Entre les mots, entre les lignes et sous le fard
Tra le parole e le righe e sotto il fard
D’un serment maquillé qui s’en va faire sa nuit
D’una promessa agghindata che se ne va a dormire
Avec le temps tout s’évanouit
Col tempo tutto svanisce
Avec le temps…
Col tempo
Avec le temps, va, tout s’en va
Col tempo, sai, tutto se ne va
Même les plus chouettes souvenirs ça t’as une de ces gueules
Anche i ricordi più belli assumono una brutta faccia
A la Galerie je farfouille dans les rayons de la mort
Alla Galerie rovisto fra gli scaffali della morte
Le samedi soir quand la tendresse s’en va tout seule
Il sabato sera quando la tenerezza se ne va sola soletta
Avec le temps…
Col tempo
Avec le temps, va, tout s’en va
Col tempo va, tutto se ne va
L’autre à qui l’on croyait pour un rhume, pour un rien
L’altra a cui si credeva per un raffreddore, per un niente
L’autre à qui l’on donnait du vent et des bijoux
L’altra a cui si donava vento e gioielli
Pour qui l’on eût vendu son âme pour quelques sous
Per la quale avremmo venduto l’anima per due soldi
Devant quoi l’on se traînait comme traînent les chiens
Davanti alla quale ci siamo trascinati come si trascinano i cani
Avec le temps, va, tout va bien
Col tempo, sai, tutto va bene
Avec le temps…
Col tempo
Avec le temps, va, tout s’en va
Col tempo, sai, tutto se ne va
On oublie les passions et l’on oublie les voix
Si dimenticano le passioni e si dimenticano le voci
Qui vous disaient tout bas les mots des pauvres gens
Che vi sussurravano le parole della povera gente
Ne rentre pas trop tard, surtout ne prends pas froid
Non rientrare troppo tardi e soprattutto non prendere freddo
Avec le temps…
Col tempo
Avec le temps, va, tout s’en va
Col tempo va tutto se ne va
Et l’on se sent blanchi comme un cheval fourbu
E ci si sente sbiancati come un cavallo sfinito
Et l’on se sent glacé dans un lit de hazard
E ci si sente impietriti su un letto d’incertezza
Et l’on se sent tout seul peut-être mais peinard
E ci si sente molto soli, forse, ma tranquilli
Et l’on se sent floué par les années perdues
E ci si sente traditi per gli anni perduti
Alors vraiment
E quindi davvero
Avec le temps on n’aime plus.
Col tempo…non si ama più.
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Il Cretto di Burri. Vale la pena di mantenere una delle più inquietanti e obbrobriose opere di land art di sempre? Desolante e desolata nell'assolata campagna.

Il cretto di Burri abbandonato per trent'anni.

 Il servizio di Irene Fioretti per il Tg3 delle 14:20 del 12 agosto 2018. Guardatelo, se ne avete voglia.



Lasciamo i toni agiografici della nostra informazione ufficiale a chi deve camparci. Io ho sempre trovato inquietante il cretto di Burri. Questa colata di cemento in piena campagna è figlia del suo tempo, gli anni del dopoguerra, quando la campagna, che già dava poco o niente, fu del tutto abbandonata, e lo è tuttora, per passare al cemento delle città e, finalmente, al pane bianco. Ricostruzione, cemento e cemento. E cemento anche per la Gibellina nuova e per le sue "opere d'arte", cemento armato per la Stella di Consagra e cemento in quantità "industriale" per la Gibellina distrutta dal terremoto per un'idea artistica discutibilissima. 
Quel brulicare di vita all'interno di quella desolazione, del cemento non della campagna, non c'è mai. Questa era un occasione "organizzata"! Provate a visitare quel sito in un giorno qualsiasi e non tarderete a chiedervi "Ma che ci facciamo qui? Cosa c'è da ammirare? Andiamocene che mi vengono i brividi!".

Gibellina distrutta.
Senza voler sminuire il valore di Burri artista, questa sua opera è tra quelle che cancellerei, se potessi. Oltre che di dubbia qualità artistica, per quel che vale il giudizio di un profano, la sua manutenzione, negli anni, costa l'iradiddio. La Sicilia somiglia a quel tipo che si compra la mercedes facendo debiti, ma poi non ha i soldi per metterci la benzina! Un'opera cominciata nel 1985 e completata nell'Ottobre 2015 grazie a un finanziamento europeo di due milioni e mezzo di euro per completare l'ultimo terzo del "sudario". Provate a moltiplicare per tre. Otto milioni di euro ci è costata, finora, questa bella genialata di Burri. E la manutenzione? Infinita e costante e costosa. Se ci andavate tre anni fa, il cretto era infestato da erbacce, cespugli, crepe e voragini dopo trent'anni di abbandono, perché erano mancati i soldi, non solo per completarlo, ma anche per mantenerlo!


Quel che resta di una casa a ridosso del cretto.
“Per anni e anni l’opera d’arte è stata lasciata a se stessa. Non un giardiniere che strappasse le piantine uscite dalle fessure prima che diventassero arbusti o addirittura alberi. Non un muratore che riparasse con la cazzuola le crepe prima che si spalancassero buchi destinati a diventare voragini. Una schifezza. Accompagnata come dicevamo dallo spuntare delle pale eoliche…” scriveva sul Corriere della sera Gian Antonio Stella e, sulla decisione di completare l’opera, continuava  “Ma non è facile spiegare perché, dopo tanta sciatteria e tanto disprezzo per la buona manutenzione, sia stata scelta la strada presa. A meno che tutto non vada ricondotto a un vecchio adagio della cattiva politica siciliana: i problemi non vanno risolti, vanno gestiti…”



Ludovico Corrao
Ludovico Corrao era un uomo di cultura e di grandi capacità organizzative, e le sue erano idee di innovazione, ma non le azzeccò tutte, cominciando dalla decisione di ricostruire Gibellina, a 25 chilometri di distanza, in un terreno acquitrinoso, non buono neanche per coltivarci qualcosa e, per giunta, di proprietà dei Salvo di mafiosa memoria.
È legittimo chiedersi perché e come mai fu scelto il terreno dei Salvo tra tutti? Si può chiedere se è stata mai indagata la scelta discutibile di spostare Gibellina in un territorio non suo? Si può chiedere quanto costò la transazione?
Credo che Corrao non abbia indovinato neanche la commissione del cretto a Burri. 
Ah!, se avessero costruito Gibellina dov’era! Un posto in alto da dove si dominava con lo sguardo un panorama ineguagliabile! Ora non ci sarebbe alcun sudario e, oggi, sarebbe un brulicare di vita invece che un posto di morte.
Adesso quanto durerà il bianco candido del cemento fresco? Vale la pena di mantenere questa che io trovo una delle più inquietanti e obbrobriose opere di land art di sempre? Un'opera che nessuno va a vedere. Desolante e desolata nell'assolata campagna.
L’Europa sarà sempre disposta a pagare per i tagliandi di manutenzione del sudario?  Saranno tagliandi a cadenza annuale o trentennale?
Speriamo! E noi speriamo e speriamo… sempre!

P.S. Per far capire al visitatore cosa sia quella colata, pardon, "cacata" di cemento del cretto di Burri hanno dovuto fare un museo esplicativo. Spese inutili su spese inutili. Spese di soldi che non abbiamo mai avuto e non abbiamo e mai avremo. Un'opera cominciata nel 1985 e completata nell'Ottobre 2015 grazie a un finanziamento europeo di due milioni e mezzo di euro per completare l'ultimo terzo del "sudario". Provate a moltiplicare per tre. Otto milioni di euro ci è costata, finora, questa bella genialata di Burri. E la manutenzione? Infinita e costante e costosa. Adesso anche il museo! Ma per carità! Rinsavite, amministratori. Le vostre popolazioni vivono nella miseria.Propongo che vengano messe delle telecamere sul sito. Per vedere chi va a vedere quella desolazione in un posto reso ancora più desolato dal cemento che fa orribile mostra di sé in una campagna, invece, godibile. Una bella riserva naturale sarebbe stata mille volte più "artistica" e utile.




Le sue sono sempre battaglie di grande respiro. Affronta sempre temi forti. Le sue argomentazioni sono intelligenti e incontrovertibili.




Le sue sono sempre battaglie di grande respiro. Affronta sempre temi forti. Le sue argomentazioni sono intelligenti e incontrovertibili. Da quando si sente odore di nuove elezioni l’ex candidato sindaco Perricone si da un gran da fare. Un impegno fatto di comunicati. E che comunicati. Ti si rizzano i peli sul collo tanta è la loro profondità, la loro pregnanza, la loro visione d’insieme, l’importanza dei temi che tratta. D’altronde non ci si può aspettare di meno da uno che, sicuramente, si presenterà di nuovo come candidato sindaco. I suoi comunicati da soli costituiscono una piattaforma politica seria ed esauriente. Questo del semaforo è solo l’ultimo, anche se inutile come gli altri. 
Non è vero che la mancanza del semaforo abbia provocato disagi. 
È vero il contrario. Il traffico fila liscio che è un piacere. Nessuna coda. 
Non è vero che i rischi siano aumentati. Da che cosa lo desume non si capisce. 
I semafori ormai esistono solo a Cvetrano. La tendenza a livello universale è di abolirli perché si è visto che non migliorano il traffico, anzi lo rendono più caotico e non diminuiscono gli incidenti. Però tutto va bene pur di far sentire il suo nome (ricordatevi alle elezioni) ai suoi potenziali elettori.

 Adesso ho perso un po’ il conto dei suoi comunicati, ma ricordo quello in cui si dichiarava “basito”, in occasione di piogge torrenziali a Cvetrano, per la mancata allerta meteo da parte del commissario, e per la mancata sistemazione di un cartello in piazza Stazione con la scritta “Piogge imminenti”! Avete mai visto questo tipo di cartello durante gli anni in cui lui è stato amministratore? Io non li ricordo.
Poi mi ricordo il comunicato  in cui accusava il commissario di non aver saputo ottenere un finanziamento che lui e il suo gruppo gli mettevano a disposizione, a titolo gratuito, su un piatto d'argento, con progetto e tutto. Il comune gli ha risposto che non è vero niente.

È vero che lui e il suo gruppo avevano messo a disposizione del commissario il suggerimento e il progetto, ma è vero altresì che sia il primo sia il secondo non servivano a niente. Mi aspettavo un altro comunicato del Perricone per smentire o correggere la risposta del commissario, ma non si è sentito più niente.



Mi ricordo quell'altra vergognosa lettera indirizzata a Salvini in cui, rivelando di passare il tempo a spiare i commissari sui siti sociali, li accusava al ministro dell’interno di “essere comunisti” e di “parlar male “ di lui, Salvini.



La delazione, di fascista memoria, come metodo per disfarsi degli avversari. Una lettera non solo vergognosa, ma che trasudava ipocrisia, doppiezza e falsità.
Questo signore si candida a sindaco e, ahinoi, dicono i ben informati, è probabile che vincerà.
Perricone è da diversi mesi in campagna elettorale. Si dà un gran da fare per tenere alta la sua visibilità e fa comunicati ad ogni piè sospinto. Vuole fare il sindaco di Castelvetrano! Così si spiegano tutti questi comunicati e lettere aperte. 
Mi chiedo quale persona, dotata di un minimo di umiltà, di senso della realtà, di timore per la mafia infiltrata nella nostra amministrazione, possa "sentisi li ficati di fari lu sinnacu". Evidentemente uno che non ha paura della mafia. 
Ci aspettiamo grandi lotte e un solerte impegno da parte, non solo di Perricone, ma di tutti i prossimi candidati sindaci, nel prendere le misure necessarie perché la mafia nostrana non continui a usare il Comune di Cvetrano come suo pascolo. Ce la faranno?  
Davvero ci vorrebbe una proroga di altri sei mesi al mandato dei commissari. Ormai vedo le elezioni a Cvetrano, non come applicazione di democrazia, ma come strumento in mano agli affaristi per continuare a farsi le loro cose. 
I mafiosi scalpitano, come cavalli dietro la barra di partenza, per ottenere di nuovo, finalmente, appalti e prebende e rendere in cambio servigi alla classe politica che li favorisca. Commissario non abbandonarci subito. Resta ancora un po’. Magari sei mesi solo.

Vicenda ospedale. La verità raccontata dagli "orgoglioni castelvetranesi".



Finalmente la Verità! Gli "orgoglioni" castelvetranesi smascherano "tantissimi silenti personaggi che agivano nelle stanze buie del potere politico nostrano o frequentavano i corridoi polverosi di palazzo dei Normanni". Si riferiscono a Elena Ferraro, #airgestina #nopizzo, all'onorevole (ex) G. Lo Sciuto, forse anche all'onorevole del PD Gucciardi, i quali sono stati velocissimi a festeggiare e intestarsi una manciata di posti letto in più, che, però, lascia l'ospedale fortemente ridimensionato. "Ci spiace tanto, ma non c’è nulla da festeggiare" ed è inutile che "millantiate crediti inesistenti" che "rivendichiate i deludenti risultati senza comprenderli". Mentre questi personaggi "lavoravano nell'ombra delle stanze della politica" il nostro vicepresidente, alla VI commissione, "con una vera e propria arringa difensiva del nostro ospedale durata quasi venti minuti rimasta verbalizzata agli atti della VI Commissione “Sanità” della Regione Siciliana, ha combattuto per il Belìce." Un guerriero! Sconfitto ma non piegato.
Riassunto: Non possiamo accettare che qualcuno si intesti una sconfitta che è tutta nostra ed è inutile che saliate sul carro degli sconfitti orgoglioni. Non strumentalizzerete la nostra sconfitta, facendola passare per una vittoria.
È consolante sapere che la "Verità" da qualche parte sta!



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