La Sinistra Italiana e Israele 2





Quindi che cosa spinge una donna Castelvetranese, cresciuta a pane e democrazia, allevata a cartoni della Disney, educata al cinema Americano, che magari tutta la vita ha ascoltato e ballato musica Americana o Inglese, che si è da poco liberata dalla schiavitù della parte araba che c'è in ogni siciliano (gli abiti neri lunghi fino al suolo, la sciallina per coprire la testa della donna, la segregazione in casa delle siciliane, il delitto d'onore), che cosa, dunque, la spingerebbe ad abbracciare una causa di un popolo cosi lontano e così diverso, socialmente, culturalmente e politicamente?


La Sinistra europea considerò la nascita dello Stato di Israele come “una doverosa presenza di una democrazia in un mare di nazioni dominate da un tribalismo medievale”.


Sinistra, palestina
Tutto cominciò nel 1956 quando l'URSS e i paesi dell'Est abbandonarono la loro politica favorevole a Israele per una a sostegno dei paesi arabi che in quel momento erano scossi da un moto di ribellione anticoloniale. Nella guerra di Suez, innescata dall'attacco congiunto di Gran Bretagna, Francia e Tel Aviv, l'intervento della comunità internazionale e dagli Stati Uniti costrinse gli aggressori a ritirarsi dai territori già occupati. Intanto i rapporti tra Israele e gli Stati Uniti si intensificano.

Tutto continuò nel 1967 quando tre grandi paesi arabi, l'Egitto, la Siria e la Giordania, dopo aver ammassato i loro eserciti ai confini del piccolo e solo e indifeso Israele - nessuno avrebbe scommesso un centesimo su Israele in caso di guerra con i golìa arabo-musulmani! - per un attacco congiunto, nel giro di sei giorni (6) furono rovinosamente sconfitti da quel piccolo Paese che in quell'occasione si rivelò una superpotenza militare.

Ecco! Molti di sinistra si sentirono defraudati della loro prerogativa di patrocinare sempre i deboli e questo creò una confusione ingestibile nel cervello di molti. Adesso il piccolo e debole e assediato Israele era diventato quello forte che sconfigge i deboli: l'Egitto, 1.000.000 di Km quadri per 90 milioni di abitanti, la Siria, 180.000 Km quadri per 18 milioni di abitanti, la Giordania, 90.000 Km quadri per 6 milioni di abitanti e il Libano, 10.000 Km quadri per 4.000.000 di abitanti erano diventati (che ironia!) Davide contro Golia, Israele, 2.000.000 di abitanti per 20.000 Km.
A questa confusione nella testa di molti di sinistra, si aggiungeva tutta una massa di elettori del partito comunista, il quale, vivendo allora in simbiosi parassitaria con l'Unione Sovietica, luminoso esempio di pacifismo, trasparenza e democrazia, si adeguò alla nuova politica filo araba di Breznev e Kosygin. Fu l'anno dopo che l'URSS stroncò con un intervento militare (carri armati) la Primavera di Praga.

Ma non fu solo questo! Perché dall'altra parte, a favore di Israele, si schierò, nientepocodimenoche, l'America, gli odiati Stati Uniti, che per i comunisti erano simbolo di capitalismo, imperialismo, colonialismo ed erano, poi, in guerra con l'URSS.


Ci fu altro che giocò un ruolo non marginale nella fermentazione di questo antiamericanismo: la guerra nel Vietnam che agli occhi di molta gioventù davvero rappresentava un'impari lotta tra il “forte” e il ”debole”.
Se gli USA appoggiano Israele, allora Israele è cattiva.
Impossibile per uno di sinistra non stare dalla parte del più debole, anche se era un debole cattivo:
 “L’esistenza di Israele è un errore che deve essere rettificato. Questa è l’occasione che abbiamo per cancellare questa ignominia che ci accompagna sin dal 1948. Il nostro obiettivo è chiaro: cancellare Israele dalla carta geografica” così il presidente iracheno Abdel Rahman Aref.
E ancora: “O noi o gli israeliani, non ci sono vie di mezzo. Chi sopravviverà dell'antica popolazione ebraica di Palestina potrà restare, ma ho l’impressione che nessuno di essi sopravviverà” (Il presidente dell’Olp Ahmed Shukairy).

E poi ancora: “Il nostro obbiettivo di base sarà distruggere Israele. Non accetteremo alcuna forma di convivenza” (Il presidente egiziano Nasser).

Così si espressero questi personaggi alla vigilia della Guerra dei Sei giorni. Cosa sono queste affermazioni se non un “programma di genocidio”?
Quindi gli Arabi da colonizzatori armati, imperialisti ante litteram, oppressori e distruttori di popoli (“all'origine del genocidio armeno e assiro, della distruzione dei greci che abitavano e avevano fondato le città della costa asiatica dell'Egeo che oggi si dicono turche, delle conquiste islamiche antiche della Spagna, dell'Africa del nord, della Mesopotamia.” Cit. Veromedioriente.) erano diventati le vittime, i deboli (loro, però, non si vedono come deboli).

E ancora citando Veromedioriente: “Sono stati storicamente i più grandi colonialisti: partiti dalla penisola arabica deserta e spopolata, hanno conquistato e arabizzato mezzo mondo, accumulando ricchezze gigantesche depredate ai popoli che conquistavano e opprimevano, distruggendo la loro cultura e la loro economia. L'Africa del Nord era il granaio dell'Impero Romano, abitata da popolazioni berbere; la conquista araba le ha rese spopolate, incolte… e arabe; la Mesopotamia era abitata dai babilonesi, la Siria dagli assiri, che parlavano l'aramaico, ora virtualmente estinto.
L'Africa nera fu depredata dai mercanti di schiavi arabi, che per un certo periodo fornirono gli inglesi di carne umana per le colonie americane, ma molto più a lungo servirono il mercato domestico arabo. Le regole del Corano sono tipicamente coloniali: gli indigeni conquistati sono inferiori, se non si convertono devono riscattare la loro sopravvivenza con umiliazioni legali e fiscali senza fine.”
Israele, alla fine della guerra dei sei giorni, mise sul piatto della pace Sinai e Golan e magari parte di Giudea e Samaria. Quella fu solo la prima occasione perduta., anche se la più ghiotta offerta che sia stata fatta ai palestinesi. L'OLP e i capi dei più importanti paesi arabi, alla conferenza di Khartoum, qualche settimana dopo la conclusione della guerra, decisero di adottare la “politica dei tre No”: No alla pace, No al riconoscimento di Israele, No alle trattative. Certo, quando le trattative di pace falliscono l'affermazione più sensata è che sia colpa di ambedue le parti. Ma sicuramente chi ha perso è stata la Palestina.


parte 1                                                                                                                 parte 3 



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