A Rosalba, che mi parla di licei classici "diversi" al Nord dico che è anche questione di latitudine.
Tutti sappiamo che, dall'agricoltura alla scuola, tutto funziona meglio al Nord. Ritengo che questo non abbia a che fare con il mio discorso sul nostro ordinamento scolastico.
Non ho risposto, sempre perché non trovo niente da dire, neanche a quello che Letizia ha detto in un suo commento, in cui si dichiara, legittimamente, dispiaciuta per le mie affermazioni; cosa posso fare se non prenderne atto, e trovarlo un po' esagerato? Dopo tutto, la polemica Classico sì Classico no non l'ho suscitata io e va avanti da un secolo.
Grande rispetto per le esperienze professionali e personali di tutti, ma credo che poco c'entrino con la concezione classista e gentiliana della nostra scuola, contro cui mi scaglio io. Capisco anche che quando si toccano convinzioni profonde, cristallizzatesi ormai nella struttura della nostra mente, convinzioni che riguardano l'immagine che abbiamo di noi stessi, l'idea che abbiamo del mondo, si suscitano reazioni forti, a volte violente.
Quando io polemizzo non è a queste persone che mi rivolgo, perché ritengo pressoché impossibile fargli cambiare idea e, infatti, io non ci provo nemmeno. Spero che qualche mente fresca che ancora non si sia fatta un'idea del problema ascolti e trovi convincente ciò che dico.
Non ho risposto neanche a Ina che mi rimprovera di generalizzare un'esperienza mia particolare con insegnanti mediocri. Davvero credi, Ina, che i miei ragionamenti siano così piccini? A parte che quegli insegnanti mediocri di cui parlo erano considerati il meglio, la crema della scuola, la mia visione della scuola è un po' più ampia della mia esperienza al liceo.
Tutta la vita ho studiato e letto di problematiche didattiche, ho insegnato ad alunni del classico, dello scientifico, del commerciale, del pedagogico. E credo di sapere di cosa parlo. Era solo un indizio la porta bruciata con l'alcol durante la lezione di scienze.
Poi, Ina, tu porti a sostegno del classico un assunto che tanti in questa polemica hanno sempre visto come decisivo ancorché indimostrato, mentre in realtà, non volermene, è proprio la dimostrazione dell'inadeguatezza del classico e di ciò che c'è di distorto e sbagliato. L'idea dei fautori degli studi classici è che la scienza si impara studiando il latino.
Il metodo scientifico non si apprende studiando fisica e chimica, no!, si impara facendo traduzioni dal latino. Ma come può essere? È questo il motivo per il quale i nostri studenti sono degli asini quando si parla di scienze. A supporto di ciò si dice quell'altra ovvietà, che sembrerebbe decisiva, che il latino allena la mente. È vero! Ma è vero di qualsiasi materia di studio. Forse che la storia o la matematica fanno rattrappire la mente? Parlando di lingue, se è la difficoltà della lingua a renderla più adatta all'allenamento della mente, allora perché non studiare delle lingue vive come l'Inglese. Non è abbastanza difficile da allenare la mente? Facciamo studiare il Cinese, l'Arabo: apprenderemmo meglio il metodo scientifico! La scienza non ha niente a che vedere con il latino, ci mancherebbe. Inoltre questa concezione del latino come allenamento della mente ha portato ad altre infami storture. Siccome è impossibile imparare il latino come si farebbe con qualsiasi lingua viva, ascoltando e parlando, dato che nessuno lo parla, neanche gli insegnanti, si è introdotto il metodo più adatto per non imparare un bel niente, quello grammatica traduzione, screditato da ormai un secolo, tranne che in Italia, dove si è applicato lo stesso metodo deleterio allo studio delle altre lingue anche quelle vive come l'inglese e il francese. I risultati sono sotto gli occhi di tutti e, credo,
nessuno si sognerebbe di negarlo. Gli Italiani non sanno parlare le lingue. Né il Francese né l'Inglese né il Latino. Dopo avere per anni studiato dalle elementari fino alla seconda classe del liceo "the book is on the table" arrivano al triennio, dove tutto ad un tratto si pretende che studino letteratura inglese e americana.Così studenti che trovano difficilissimo studiare e assimilare la letteratura Italiana nella propria lingua, e non saprebbero neanche pagati esprimere un concetto autonomo e originale, costretti a ripetere a memoria quello che il compilatore dell'antologia dice sugli autori che, invece, si dovrebbero leggere, spesso concetti difficilissimi, quando non astrusi, vengono richiesti, in pratica, di imparare a memoria, in una lingua che non sanno usare nemmeno per dire "porca vacca!", quello che c'è scritto sull'antologia di lingua e letteratura inglese e americana (abbondanza non fa carestia). Immaginate lo sforzo mnemonico, inutile, la fatica, inutile, che questi poveri ragazzi devono fare. Non capiscono neanche quello che stanno dicendo, preoccupatissimi solo di ricordare dei suoni per loro senza significato, ciò che hanno fissato nella memoria (giusto il tempo dell'interrogazione) la sera prima. Ma allena la mente, perbacco.
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