Perché noi siciliani amiamo raccontarci balle su noi stessi

Passiamo, in maniera assolutamente immeritata , per essere un popolo accogliente. In realtà non lo siamo nemmeno un po'. Precisamente, lo siamo tanto quanto tutti gli altri popoli della terra. È, più che altro, quello che pensiamo di noi, l'immagine che vorremmo trasmettere.
Secoli e secoli di sottomissione allo straniero invasore hanno sviluppato in noi straordinarie capacità di ipocrisia difensiva che solo popoli da sempre dominati da stranieri possono elaborare. La nostra esagerata ostentazione di ospitalità è lì a testimoniarlo. Qualsiasi esagerazione risulta sospetta.  Vuol dire che io, sempre pronto a portare i miei amici stranieri a casa mia  e coccolarli e abboffarli sono un ipocrita? No, certamente. La mia è solo una considerazione culturale, antropologica, storica  che vuole andare alla fonte di nostre peculiarità comportamentali, senza avere la pretesa di giudicare i singoli atteggiamenti dei singoli siciliani, ognuno dei quali li svolgerà secondo la propria sensibilità, la propria cultura, la propria personalità.

 
 

Chiunque può capire che la nostra "esagerata ospitalità", spesso espressa in termini di "Offro io!", come il capomafia che accoglie il nuovo arrivato, o di luculliane e infinite sedute di "pantagrueliche abbuffate", a prescindere che per i nostri ospiti sia un piacere o una noia mortale, incuranti che per loro il "mangiare" occupi il posto ordinario dello sfamarsi per fare "altro", sia sospetta e una vera provocazione in un mondo in cui la prima regola di vita è la diffidenza. "Ma tu, sconosciuto, perché sei così gentile con me, sconosciuto? A cosa miri?" I pranzi di 4 o 5 ore in cui intrappoliamo i nostri ospiti, quando quelli avrebbero preferito visitare Erice o Agrigento, meriterebbere un discorso a parte.
Se volevo mangiare ciò che mi piace, rimanevo a casa. Impossibile! 

Un popolo "nutrito a fame" dagli invasori non può non attribuire un'importanza cruciale al cibo! Da sempre poveri, con il boom economico del dopoguerra, abbiamo potuto riempire i nostri deschi d'ogni bene di dio. La carne, che fino ad allora si mangiava occasionalmente durante l'anno, divenne cibo quotidiano. Dopo anni di improbabile pane d'ogni tipo e caffè di cicoria, specie in guerra, il pane bianco, la fettina di carne, insalata e pasta al sugo erano diventati il pasto ordinario, quotidiano. In una regione di antiche e interculturali tradizioni culinarie identificare il benessere con la possibilità di abboffarsi fu il successivo passo. 

Sembra che gli ospiti noi vogliamo prenderli per la gola e stordirli con i nostri vini ad alto grado, sfortunatamente non più disponibili da quando la coltivazione della vite ad alberello fu sostituita dalla coltura a spalliera e la disponibilità idrica adacquò il nostro vino. Captatio benevolentiae dello straniero visto come padrone.
Che il nostro atteggiamento ospitale sia culturalmente determinato lo dimostra la nostra suscettibilità al minimo accenno di critica dell'ospite. Allora saltiamo sulla sedia per metterlo al suo posto. 


 

Proprio quello che  fanno i nostri "uomini di cultura", Francesco Saverio Calcara con la Petyx di striscia la notizia, Giacomo Bonagiuso con Selvaggia Lucarelli che si è lamentata della mondezza a Noto, il capogruppo Manuzza con la contessa Chiara Modìca Donà Dalle Rose, la contessa mecenate, quando abbandonando, delusa e ferita, il suo ruolo di assessore alla cultura, si lamentò del comportamento di quelli che l'avevano supplicata di venire a Castelvetrano per dare un tocco di "magia" al reparto cultura, in grave sofferenza a Castelvetrano.
 Sì, avrebbe potuto districarsi con più eleganza, ma io l'ho preferita così. Una veneziana sanguigna, siciliana, con la testa alta. E generosa nel suo darsi , nel suo lavoro.


 

 

Non certo quella generosità di cui parla il capogruppo Manuzza, che, come negli stanchi, abusati e falsi cliché con cui noi siciliani amiamo riassumerci e rappresentarci, anche falsamente, afferma:
"Ho sentito la Chiara Donà, l'ex assessore, sorprendersi (NdR: Falso. Non si è sorpresa, ha apprezzato) che qualcuno gli abbia regalato dell'olio, gli abbia offerto ospitalità! Io, da castelvetranese gli dico che per noi è la normalità. Noi siamo fatti così, abbiamo il cuore aperto e accogliamo le persone e, probabilmente, senza titoli nobiliari, alla fine abbiamo dei comportamenti più nobili di... di qualcuno.”
Che finezza! Che eleganza! Quanta nobiltà! Quanta falsità in queste parole! Noi siciliani abbiamo il cuore aperto, siamo generosi esattamente come qualsiasi altro popolo al mondo, né un punto in più né un punto in meno. Abbiamo altre usanze, altri modi, ma non siamo migliori. Altro che l'ego della avvocatessa Donà Dalle Rose. 


 

Mi chiedo perché noi siciliani amiamo raccontarci queste balle ricorrenti.




Commenti

Post popolari in questo blog

"Are you lonesome tonight?" "Ti senti sola stasera?" Elvis Presley, Bobby Solo, Michele, Little Tony

Il Cretto di Burri. Vale la pena di mantenere una delle più inquietanti e obbrobriose opere di land art di sempre? Desolante e desolata nell'assolata campagna.

Dance me to the end of love. Olocausto e amore.