La politica del campanile

 

 
Un post qualunquista che degrada la critica politica o sociale a roba da reietti, da "leoni da tastiera"! Criticare secondo i qualunquisti non è il sale della democrazia. La signora Rosalia Ventimiglia era d'altronde tra quelli che marciò contro il commissario Caccamo al grido insano di #siamocastelvetranesinonsiamomafiosi assieme a Franco Messina e Colaci.
 
 

 
 Sembra fautrice, la signora Ventimiglia, del pensiero unico: tutti i castelvetranesi che non la pensino come lei sono gente inutile che sa solo criticare, lei che critica "qualunquisticamente" la politica, "tutta la politica" salvo difendere il diritto di candidarsi di chiunque a fare "politica". Orgoglio castelvetranese altro non è stato se non la piattaforma di lancio politico di un personaggio grigio, il cui merito sarebbe di essere figlio di un poeta e nipote di uno ucciso dalla mafia e di avere organizzato qualche gita "istituzionale" a Cinisi, che al momento in cui dovrebbe ritirarsi a godersi la vecchiaia, uno che nella sua vita non ha fatto mai politica per Castelvetrano, ha deciso di scegliere come hobby la Politica che tanto disprezza, invece di lasciare spazio ai giovani. Per tre anni gli orgoglioni non hanno fatto altro che dare la colpa ai politici e alla politica, dimenticando, come fa anche la signora Ventimiglia, che non è stata la "politica" a fare lo scempio che del nostro ospedale è stato fatto. È stata una certa politica, la politica di destra del governo Musumeci, quella stessa politica che hanno votato e scelto gli orgoglioni Messina e Calcara.
 
 Persone adulte che giocano alla raccolta di firme, che si siedono per terra "dietro" (non davanti al carrarmato in movimento come a Tienanmen, dietro) il furgone dei traslochi di pediatria (posteggiato!), in segno di protesta, che fanno riconsegnare la tessera elettorale ai cittadini invece che educarli alla giusta politica, non possono avere se non il seguito che hanno.
"Oggi viene preso di mira chi da anni lotta per il nostro ospedale". No! oggi viene preso di mira esattamente come anni fa, quando dal nulla si materializzò per organizzare il  corteo anti-antimafia, anti-stato, il primo nella storia d'Italia. Al prefetto Caccamo che aveva girato in lungo e largo ad amministrare comuni sciolti per mafia, già dopo il primo anno capì come suonava la musica a Castelvetrano e non si fece scrupolo di dire in TV a chi lo intervistava che i castelvetranesi gli sembravano poco collaborativi. E non per una comprensibile diffidenza nei confronti del prefetto estraneo, ma proprio "per una questione culturale". Aveva torto? Assolutamente no. 
 
Veniva attaccato da tutti. I castelvetranesi trovavano indigesto quello scioglimento "per mafia". Uno che si distingueva per zelo nell'attaccare qualsiasi cosa facessero o "non facessero" i commissari fu Perricone che in una occasione scrisse una lettera, che ebbe anche il coraggio di rendere pubblica, all'allora ministro dell'interno salvini accusando i commissari di esprimere, nei loro profili social privati, contrarietà politica al ministro stesso. Gli disse: "Salvini, questi, sui social, parlano male di te e sono dei comunisti (sic)". Una cosa di cui qualsiasi persona dotata di buon senso si vergognerebbe: giudicare un prefetto per le sue posizioni politiche a noi non gradite, un gesto di una bassezza inqualificabile. Perricone fu quello che si candidò a sindaco di Castelvetrano e scelse come assessore, tra gli altri, indovinate chi?, sì, l'avv. Franco Messina.

Il prefetto Caccamo ne aveva viste di cotte e di crude nei paesi sciolti per mafia dove aveva avuto la ventura di amministrare.
Mai però gli era capitato un corteo, addirittura, contro di lui personalmente. Quel corteo fu un grande favore alla mafia, che non avrebbe saputo far meglio. Non fu organizzato dalla mafia che avrebbe sicuramente portato in strada molti più cittadini di quei duecento sprovveduti "non mafiosi", 200 con tutti i boy scout. Ma così venne percepito sia dal commissario Caccamo che risolutamente si rifiutò di partecipare, sia al presidente della commissione antimafia Claudio Fava che ebbe parole durissime nei confronti degli organizzatori. «Contro la mafia non si costruiscono cortei per reclamare l’orgoglio patriottico di una città. Un corteo riveduto e corretto» ha detto Fava ("riveduto e corretto proprio perché era nato come corteo di protesta contro il commissario Caccamo e le sue parole non benevole nei confronti di Cvetrano, ma fu corretto in corsa e spacciato come corteo contro la mafia, senza che nessuno avesse il coraggio di dire una parola decisa e chiara contro la mafia, tipo "La mafia è una montagna di merda", ritenuto volgare dagli organizzatori, o persino uno slogan #sonocastelvetranesesonocontrolamafia meno insipido e insignificante del loro #sonocastelvetranesenonsonomafioso) «che non è nato» continua Fava «proprio sull’onda della benevolenza nei confronti del lavoro commissari, ai quali invece bisognerebbe far sentire la propria presenza. Una presenza che dovrebbe essere fondata sull’accoglimento dei segnali che vengono dati dagli stessi commissari."
E chi organizzò la marcia anti-stato? L'avv. Franco Messina. Quello che l'anno dopo si sarebbe fatto cooptare da Perricone come assessore. Perricone che sembrava pensare che fosse proibito essere comunisti. In definitiva, forse, fu, più che un corteo anti-stato, una marcia anticomunista.
 
 No! "La politica fa schifo" lo dicono i qualunquisti e i fascisti. C'è politica e politica. L'incapacità di scegliere quella giusta è stata sempre un problema di Castelvetrano: per questo ci troviamo al punto in cui siamo, con un governo assolutamente incapace, il cui pezzo forte in tre anni sono le pedane malamente pittate per "smuovere le coscienze"! In tre anni, i pallets! Ville chiuse, città piena di rifiuti. E questi sono i rivoluzionari.
 
L'idea del pensiero unico è anche quella di certi "illuminati", grigi ex-funzionari che si lamentano che a Castelvetrano i cittadini non sono mai stati capaci di far confluire su un unico candidato i loro voti, un candidato che difendesse e promuovesse la propria città. Come se un politico eletto in provincia per le regionali non fosse lì a rappresentare tutti, i mazaresi, i campobellesi, ma solo quelli della cittadina da cui viene. Come se bastasse essere di castelvetrano per raccogliere i consensi di tutti i castelvetranesi, come se tra un castelvetranese e un altro non ci fossero differenze, di visione politica e sociale. Questa è la vecchia idea qualunquista che per governare non servono e non contano le idee. Uno può essere un fascista, un comunista, qualsiasi cosa, basta che sia di Castelvetrano e va a fare i nostri interessi invece che quelli di Mazara. 
Questa è l'idea di buona politica: non quella che fa gli interessi di tutti, ma quella che fa gli interessi del campanile. 
Che è quello che succede da sempre e ancora oggi. È figlio di questo modo di intendere la politica il declassamento dell'ospedale di Castelvetrano. Figlio della forza contrattuale dei politici mazaresi e marsalesi che, naturalmente, fanno quello che l'ex-burocrate della brumosa val padana si augura faccia la politica castelvetranese: difendere il proprio campanile. 
 
Riassumendo, per questi qualunquisti la politica fa schifo, quindi bisogna riuscire a fare eleggere un castelvetranese, chiunque, di qualunque idea politica, perché difenda il nostro campanile. 
Questa è la politica sana che contrappongono alla politica schifosa, quella che non fa gli interessi di Castelvetrano.

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