Ah! Ai tempi dei Saporito e del Principe.




Ah! Ai miei tempi! È una lagna che si perpetua nei secoli, sulla base dell'idea che il passato è sempre meglio del presente. Tutti i giovani di tutti i tempi sono stati costretti a subire questa tortura dai più vecchi. Anche se non è infrequente sentire giovani ventenni pronunciarla quando parlano dei ragazzini un po' più piccoli. Fin qui tutto noto.

Ma il rimpianto dei vecchi di oggi e di ieri non si limita all'arco temporale della loro vita, piuttosto si estende come una nebulosa indistinta anche ai tempi dei loro genitori e anche molto più indietro, e, allora, si inventano improbabili età dell'oro. Castelvetrano dei Saporito, Castelvetrano del Principe, ah, che tempi quelli.


Qualche vecchio dice, fiammeggiando contro il degrado della nostra città: "Come s'è potuta ridurre in questo stato la 'Castelvetrano dei Saporito', la 'Castelvetrano del Principe' credendo e lasciando intendere che quelle fossero delle età felici.
 Si costruivano chiese, edifici, strade, ferrovie, acquedotti e così via. Queste opere si sono realizzate sotto tutti i regimi, buoni e cattivi, democratici e tirannici, nella povertà e nella ricchezza, che il 'principe' fosse una carogna oppure no. Insomma non basta che delle persone siano "importanti" perché siano celebrate come si fa con i santi.

Vincenzo Saporito fece passare la Palermo-Trapani 

da Castelvetrano e S.Nicola a Mazara. Wow.

 

Come si può dire che si stava meglio in una Castelvetrano dove i due terzi delle proprietà fondiarie appartenevano ai Saporito, gente ricca e senza scrupoli che acquisirono immensi feudi appartenenti alla chiesa per quattro denari, per le cui “mani” passavano tutte le attività economiche presenti sul territorio, dove quasi tutti facevano i braccianti per i Saporito (potete immaginare a quali condizioni economiche), dove non si muoveva foglia che non volessero i Saporito? Una città dove, caso non unico ma raro, pure i morti e i malati e gli assenti votavano per Saporito. Il barone Vincenzo Saporito non era certo un campione di etica politica e fu al centro di numerosi scandali, e l'ex sindaco di Castelvetrano Nino Saporito fu pure condannato.
Amedeo Nasalli Rocca, che fu Prefetto di Trapani, scrisse nel suo “Memoria di un Prefetto”: “Un singolare caso di dittatura in grande stile era offerto in quegli anni in una popolosa città che non nomino, da una primaria famiglia di sette fratelli. Uno di loro era consigliere provinciale, uno sindaco, uno presidente della Congregazione di Carità, uno presidente della banca locale, uno membro della Giunta Provinciale Amministrativa, uno della Commissione Provinciale di Beneficenza, e finalmente, il settimo, deputato al Parlamento"


Tutto ciò mi ricorda qualcosa. Sì, erano dei dittatorelli,  che un pugno di Castelvetranesi coraggiosi, tra i quali il fratello di mio nonno, Salvatore Melodia, e l'avvocato Giovanni Lentini, all'inizio del secolo scorso combatterono rischiando molto e perdendo talvolta i loro patrimoni per le spese di una causa intentata proprio contro i Saporito, per brogli elettorali, ma, infine, vincendo contro il sopruso."Per ciascuno dei diciotto imputati, tra cui il fratello del Saporito, Nino, ex sindaco di Castelvetrano, ex ufficiale dell’esercito e cavaliere della corona d’Italia, la pena fu della detenzione di un anno, della multa di lire mille e della sospensione del diritto elettorale e da tutti i pubblici uffici per la durata di un anno, nonché il pagamento delle spese del procedimento".Gaetano Salerno.
 Non me ne vogliano gli attuali Saporito, e soprattutto quelli che conosco e di cui posso solo dire bene, che non entrano in questo discorso.

Persino un Principe ci siamo andati a cercare nel nostro passato da commemorare e onorare, giusto come si fa con i Principi. Ché tutti sappiamo quanto fossero felici i sudditi ai tempi dei principi: una vera e propria età dell'oro. Com'era bella la vita al tempo del Principe!!! Fa sicuramente “fiaba”.
La verità è che fu un'epoca di frequenti carestie e epidemie. Fu l'epoca di quella cosa demoniaca che fu la "santa inquisizione", generata dalla mente malata di sovrani spagnoli cattolici. Un tempo in cui il fisco era in realtà un vero e proprio estorsore, in cui il popolo castelvetranese, ai tempi del D'alessi, si ribellò contro i successori del Principe, e, per ribellarsi, un castelvetranese deve essere proprio esasperato, in quel caso dalla fame. La rivolta fu violentemente repressa. Ma nonostante tutto, nell'indigenza totale del popolo, le fondazioni di chiese e conventi andavano avanti. Grandi i Principi.


Com'è stato buono il Principe a dotare casa sua (Castelvetrano) di chiese e piazza e monasteri. Il principe è legato a Castelvetrano perché lì è nato e lì è stato sepolto. Tutto qua. Per il resto durante la sua vita a Castelvetrano è venuto solo occasionalmente, di passaggio.

Era, comprensibilmente, in altre faccende affaccendato. Possedeva tanti di quei titoli e cariche che il suo biglietto da visita era in realtà un libriccino.
Era, Carlo D'Aragona, sostanzialmente, al servizio della corona Spagnola, quella che ci soggiogava e usava come avamposto nella loro guerra ai Turchi e come galline da spennare, con le esose tasse imposte dai loro esattori, i viceré, per pagare le spese militari. La sua principale preoccupazione e occupazione era quella di affinare e rafforzare le difese della Sicilia contro i Turchi, sempre a spese dei siciliani poveri. Gli Spagnoli brucavano in Sicilia, mangiavano a Napoli e divoravano a Milano.




 È stato grande: con il lavoro e i soldi degli schiavi-sudditi ( per tutte queste belle opere si tassavano sempre i cittadini, ma non la nobiltà, naturalmente) costruiva chiese e monasteri (la Chiesa gli serviva per tenere buoni i sudditi) e acquedotti. Come dire che chi ha costruito le Piramidi non sono stati gli schiavi usati a migliaia e decina di migliaia, che le hanno materialmente erette, bensì il Faraone che da una finestra con panorama si godeva lo spettacolo. Sudditi siamo e sudditi rimarremo. Ci piace sempre leccarlo ai potenti anche se sono solo personaggi storici, ormai.

 Addirittura gli dedichiamo un "corteo storico" sotto forma di "rappresentazione sacra" per onorarlo come si fa con i santi. E infatti, sciaguratamente mescolando  sacro e profano, in inglese si dice "piscari du' aceddi cu 'nna petra", il corteo è, sì, di Santa Rita da Cascia, ma è anche "l'occasione" (sic) per la sfilata della nobiltà parassita del Principe di un secolo dopo, con sbandieratori e "musici" in costumi "quattro-cinquecenteschi", forse per non fare torto ai due celebrati, una del 15° e l'altro del 16° secolo, che si conclude con l'incoronazione di Carlo d'Aragona. 

Un Principe tirato su a forza dal pozzo del dimenticatoio di un periodo lontano, e, nell'eccitazione per un così nobile passato, si è pensato bene, in sinergia con la politica, di imporre dall'alto un nome mai sentito dal popolo, di dedicargli una festa in pompa magna con la scusa della Santa Rita, e di dedicargli una piazza, col risultato che quasi nessuno ne sa il nome. Sono così ignorante che mi chiedo quale sia il legame tra una santa e un principe, vissuti, peraltro, in epoche diverse. Ma tant'è. Così è se vi pare. Tutto questo è detto senza voler mancare di rispetto alle persone volenterose e brave che lavorano per la riuscita della manifestazione, che, pare, mieta successi.
 Almeno a Marsala fanno la "via crucis" che è dedicata a un principe speciale: Gesù.


P.S.: Considerate le molteplici sensibilità e culture, mi scuso con chi non ha trovato una perfetta corrispondenza con il suo punto di vista. Chi scrive di storia, dal grande studioso all'occasionale dilettante come sono io, ha il suo punto di vista, limitato, nel mio caso, ma sicuramente in buona fede.

Così si esprime nel poscritto della sua prefazione a "Storia di un comune italiano: Castelvetrano." Il valente studioso Salvatore Sanfilippo.

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